Claudio Lolli: «Sono “risorto”a Fermo»

SAN BENEDETTO – C’è un luogo, nelle Marche, dove i cantautori ”risorgono”. Quel posto è Fermo. La città del Girfalco, infatti, ha esercitato un influsso magnetico su uno dei grandi interpreti della canzone italiana d’autore. E  proprio da qui che è ricominciata la carriera musicale di Claudio Lolli, uno dei cantautori mito degli anni ’70. Ed è stato proprio lui a ricordare questa sua”rinascita”alla presentazione del documentario Come salvarsi con la musica, il lungo metraggio di Salvo Manzone presentato nell’ambito delle iniziative del Premio Bizzarri.

«Avevo dimenticato la melodia. Mi ero dedicato alla scuola. Avevo smesso di suonare -ha detto l’artista bolognese- ,ma l’incontro con  Paolo Capodacqua a Fermo ha provocato in me una sorta di terremoto . Così ho ricominciato ». Essenziale,intellettuale, coerente, professore di Italiano e Latino in un Liceo di Bologna, Claudio Lolli non ha compiuto il percorso dei  suoi colleghi ”più famosi”. Per uno che ama ripetere «non scelgo il pubblico, è la gente a scegliere le mie canzoni», era logico rimanere così,come una persona normale senza successi eclatanti, senza grande notorietà. «Dopo Zingari felici (l’album del 1976, ndr) -dice ancora- potevo vivere di rendita, ma ho preferito cambiare rotta e sonorità. Con Disoccupate le strade dai sogni (’77) avrò forse deluso tanti, ma era precisamente quello che volevo fare».

Ha parlato, ha discusso tanto Claudio Lolli all’incontro di San Benedetto. Si è confrontato con un pubblico attento. E’ stata anche l’occasione per interloquire con un suo amico fermano, Marco Marchetti, uno dei fautori  dell’indimenticabile incontro-concerto all’Aia Ratti del 1995. La discussione si è anche incentrata sugli anni ’70, sul periodo in cui il fermento sociale, musicale e giovanile era, forse, ai massimi storici. «Sì, è vero -ha risposto ad  una domanda- c’è un ritorno a quegli anni. Troppe porte sono state chiuse su avvenimenti rimasti indecifrati, misteriosi. Ora c’è voglia di capire, di comprendere quello che è accaduto allora. Quando ho iniziato a suonare non pensavo di fare il cantautore. La luce si è accesa quando ho ascoltato una canzone di De Andrè. Io e un mio amico ci siamo detti: ma allora è possibile scrivere e cantare canzoni con un senso».

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dal 1986 al 1989 a Il Tempo e dal 1990 al 2022 a Il Messaggero, ora collaboratore presso Ultimabozza.it
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